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Foodporn: se ne può parlare in ambito di dieta mediterranea?

Noi di RuralHack ci siamo ampiamente dedicati alla ricerca sul concetto di “foodporn”.

Secondo Wikipedia “Foodporn è una presentazione visiva spettacolare e glamour di cucinare o mangiare in pubblicità, programmi di cucina o altri media visivi, cibi che vantano un alto contenuto di grassi e calorie, piatti esotici che suscitano il desiderio di mangiare o la glorificazione del cibo come un sostituto del sesso.” Ma cosa c’è di pornografico nel cibo e, soprattutto, può diventare “veicolo” di qualità in ambito di dieta mediterranea?

Per provare a rispondere a queste domande, ci rifaremo a Giorgio Agamben. Secondo il filosofo e accademico italiano, con l’avvento della fotografia, che ha incoraggiato la diffusione a buon mercato delle immagini pornografiche, il corpo diventa “una somiglianza senza archetipo”, cioè un’idea, che lui chiama “qualunque”. È nella pubblicità, che oggi assume caratterizzazioni ben differenti da quelle analizzate da Agamben, essendosi espansa attraverso nuove piattaforme (social network e blog), che si crea una “sfera separata” che non investe materialmente il corpo (il cibo in questo caso) ma la sua immagine. Dunque la forma prevale sul contenuto e l’appeal non scaturisce da un apprezzamento qualitativo ma è unicamente dato dai sensi. Come un odierno Pigmalione con la sua Galatea il foodporn veicola con prepotenza una promessa di felicità, realizzata da puro piacere estetico che nulla ha che fare con il contenuto ed il significato di quell’oggetto.

È dunque una prigione oppure possiamo ridefinire il concetto di foodporn per sfruttarne la sua forza mediatica in favore di una comunicazione basata sulla qualità? È indispensabile, per riuscirci, auspicare ad un ricongiungimento della sfera della forma (la maschera, la pornografia, l’idea) con quella privata (il cibo ed il suo significato).

la via med 1 Foodporn: se ne può parlare in ambito di dieta mediterranea?

LVM-The mediterranean way

L’estetica del prodotto non è più quindi una mera costruzione che prescinde dal significato del prodotto stesso ma diventa invece parte integrante di esso aumentandone il valore proprio del contenuto.

Parallelamente al foodporn inteso unicamente come eccesso, sta sempre più assumendo forza un nuovo trend: quello degli #healtyfood. Se nella teoria questi cibi rientrano di diritto nel concetto di pornografia così come descritta prima, nel concreto assumono un significato totalmente differente in quanto è il contenuto stesso a dare valore alla forma e non viceversa. È infatti l’idea dei benefici offerti dall’alimento ad aumentarne il suo appeal, per quanto sia sempre l’immagine a suscitare la nostra curiosità nel voler leggere la descrizione è in realtà quest’ultima a darci gli strumenti per poter osservare e godere di ciò che vediamo.

 

Va da sé come tutto questo possa facilmente essere applicato al concetto di dieta mediterranea. Quest’ultima possiamo collocarla, con i suoi usi e costumi, le sue ricette e le sue abitudini, perfettamente a metà tra foodporn ed healtyfood. Tralasciando per un attimo lo stile di vita e concentrandoci unicamente sulle ricette, è facile osservare come si passi dall’healty della frutta, delle verdure, del pescato locale, al porn della moltitudine di fritti e di piatti tradizionalmente preparati per le feste. Da un lato una visione meno aggressiva della cucina, in cui la qualità della materia prima faccia “eccitare” più dell’eccesso di cotture e cibi mescolati assieme per essere quantità, dall’altro un eccesso vincolato ad occasioni ben precise che fuoriesce dalla quotidianità per diventare straordinario.

È concretamente possibile quindi sfruttare la scia mediatica dei due hashtag, che generano condivisioni e consensi virtuali, per diffondere l’immagine di dieta mediterranea affiancando ad immagini forti, glamour e appetitose, descrizioni che suscitano interesse in chi si è fatto attrarre dalla golosità di ciò che vede e ne vuole ampliare il suo significato.

 

 

Fonte: Giorgio Agamben-La comunità che viene, © 1990 Giulio Einaudi editore S. p. a., Torino

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