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Tecnologie 4.0 e biostimolanti per un’orticoltura sostenibile

La fertilizzazione azotata in orticoltura è necessaria per garantire le rese quali-quantitative, ma diversi sono i limiti posti nel suo utilizzo. L’apporto di azoto va regolato con molta attenzione poiché, se troppo basso o troppo elevato, possono influenzare negativamente la produzione, ma anche e soprattutto l’ambiente. 

Per definire con più precisione le giuste quantità di azoto possono venire in aiuto diverse tecnologie 4.0 come i modelli previsionali e i sensori ottici che, con i loro pro e contro, stanno cambiando la coltivazione degli ortaggi. 

In uno scenario mondiale in cui i cambiamenti climatici e l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali mettono a rischio le produzioni agricole, i biostimolanti si propongono come prodotti tecnologicamente avanzati che riducono l’impatto ambientale. 

Orticoltura e fertilizzazione

L’orticoltura è quel settore agricolo dedicato alla coltivazione di circa 50 specie di ortaggi, riconosciute dalla Commissione UE, è oggi al crocevia tra innovazione e sostenibilità. 

Le superfici dedicate a ciascuna coltura sono decisamente meno estese rispetto alle coltivazioni delle colture seminative (mais, grano, riso, soia etc.). Le aziende orticole sono infatti di piccola estensione ma con una grande variabilità dei sistemi di coltivazione e sono tutte caratterizzate da un buon livello tecnologico e capacità di commercializzazione (Osservatorio Agroalimentare – 2022).

freshness green leaves vegetable garden generated by artificial intelligence 25030 60541 Tecnologie 4.0 e biostimolanti per un’orticoltura sostenibile

Fertilizzanti e ambiente

La tradizione agricola del nostro Paese spinge le aziende orticole a fertilizzare le colture con eccessivi apporti di azoto che influenzano negativamente la produzione. Le principali problematiche che influenzano la produzione sono l’aumento del vigore vegetativo, la maturazione ritardata e una riduzione della qualità della coltura.

Le orticole sono spesso coltivate in suoli sabbiosi, caratterizzati da una bassa capacità di trattenere l’acqua, e ciò comporta una bassa efficienza d’uso della risorsa idrica e dei suoi componenti. L’eccessivo apporto di fertilizzanti azotati, quindi, è un problema non solo per la resa produttiva ma anche per l’ambiente.

Screenshot 2024 01 10 170734 Tecnologie 4.0 e biostimolanti per un’orticoltura sostenibile

L’azoto quindi viene spesso disperso nell’ambiente tramite un’emissione di ossidi nitrosi, che contribuiscono al riscaldamento globale e aumentano la volatilizzazione dell’ammonio. Inoltre,la concentrazione di nitrati nel suolo, rischia di contaminare le falde acquifere rendendo le acque non potabili e rischiose per la salute umana.

Modelli previsionali delle colture

Come può essere gestita in modo sostenibile la fertilizzazione in orticoltura?

I modelli previsionali, fin dagli anni ‘80 dello scorso secolo, sono stati impiegati in agricoltura per spiegare e comprendere i reali sistemi di sviluppo e crescita delle colture. Oggi, invece, i modelli sono utilizzati come supporto alla gestione di un sistema reale e sono sempre più spesso implementati nei software di supporto alle decisioni (DSS)

La risposta giace nell’innovazione. I modelli previsionali, sostenuti da algoritmi matematici, offrono una comprensione più profonda dei sistemi di sviluppo delle colture. Integrati con sensori ottici, che monitorano lo stato nutrizionale delle piante, questi strumenti non solo guidano le decisioni agricole, ma promuovono anche un uso più efficiente delle risorse.

I modelli in agricoltura possono essere suddivisi principalmente in due grandi categorie: empirici o descrittivi, meccanicistici o esplicativi.

I modelli previsionali meccanicistici sono composti da sub-modelli descrittivi a livelli gerarchici più profondi: ad esempio, i modelli descrittivi della fotosintesi e dello sviluppo dell’area fogliare sono due sub-modelli, di livello gerarchico più profondo, che si rendono necessari per sviluppare un modello meccanicistico della crescita di una coltura. 

Questi sono infatti caratterizzati da un’alta capacità di adattamento alle diverse situazioni dell’agricoltura, ma sono più difficili da calibrare e applicare. 

I modelli previsionali empirici sono invece dei modelli che non tengono conto di alcune variabili e fattori che intervengono nel corso degli eventi che caratterizzano un sistema. Non hanno quindi un largo campo di azione e necessitano di essere calibrati di volta in volta in funzione delle specifiche situazioni, ma sono di facile interpretazione e più applicabili. 

Impiego in agricoltura

I modelli in agricoltura vengono impiegati perseguendo molteplici scopi, dalla previsione dello stato nutrizionale alle previsioni per il bilancio idrico, ma solo se combinati ai software DSS e ai sensori in campo possono avere un reale riscontro pratico. 

“L’obiettivo dell’utilizzo di questi modelli è l’ottimizzazione. Contrariamente, come spesso comunemente si dice, ridurre, non necessariamente ridurre è la scelta migliore. La parola giusta è ottimizzare. Quando io vado ad ottimizzare degli input, sostanzialmente vado a generare una efficienza di uso maggiore di quello che io sto utilizzando.”

Queste parole di Daniele Massa – Direttore del Centro di Ricerca di Orticoltura e florovivaismo del CREA – ci dimostrano che i modelli previsionali fanno parte delle tecnologie 4.0 che aiutano le piccole e medie imprese impegnate in orticoltura. 

L’adozione di questa tecnologia riesce a garantire una gestione delle colture orticole più sostenibile per l’ambiente. L’efficienza d’uso dei fertilizzanti, che possono essere chimici o organici, viene migliorata ed è possibile pianificare correttamente le concimazioni delle colture in pieno campo.

Cosa sono i biostimolanti?

Parallelamente, i biostimolanti emergono come soluzioni sostenibili. Questi prodotti, definiti da Kaufmann et al. nel 2007 “materiali diversi dai fertilizzanti che promuovono la crescita delle piante quando applicati in piccole quantità” stimolano la crescita delle piante riducendo l’impatto ambientale. Che si tratti di sostanze umiche, estratti di alghe, o amminoacidi, i biostimolanti rappresentano un passo avanti nel rispetto dell’ambiente.

Dopo questa prima definizione, nel 2013 viene costituito l’European Biostimulants Industry Council (EBIC): un consorzio di imprese operanti nel settore dei fertilizzanti che si sono impegnate nel creare una piattaforma per promuovere l’istituzione della categoria dei biostimolanti in ambito europeo e superare le differenze normative tra Stati membri. 

La Commissione Europea, in ottica di una riforma, incarica il professore Patrick du Jardin di effettuare uno studio bibliografico e di categorizzare i biostimolanti e nel 2015 viene pubblicato un articolo che definisce i biostimolanti: “una qualsiasi sostanza o microrganismo applicato alle piante allo scopo di migliorare l’efficienza nutrizionale, la tolleranza agli stress abiotici e/o i tratti qualitativi delle colture, indipendentemente dal suo contenuto di nutrienti”. 

Infine nel 2019 viene emanato il Regolamento UE 1009/2019 del Parlamento e del Consiglio Europeo che uniforma tutte le leggi degli Stati membri e definisce un “biostimolante delle piante” come: 

“qualunque prodotto che stimola i processi nutrizionali delle piante indipendentemente dal suo tenore di nutrienti, con l’unica finalità di migliorare una o più delle seguenti caratteristiche della pianta o della rizosfera della pianta: efficienza dell’uso dei nutrienti; tolleranza allo stress abiotico; caratteristiche qualitative; disponibilità di nutrienti confinati nel suolo o nella rizosfera.

Quindi i biostimolanti vengono definiti e classificati in funzione degli effetti agronomici e non rispetto alla loro natura o modalità di azione. Inoltre vengono classificati in due principali categorie: biostimolanti microbici, i quali comprendono funghi micorrizici e batteri appartenenti ai generi Azotobacter spp., Rhizobium spp. e Azospirillum spp.;  biostimolanti non microbici, i quali comprendono le sostanze umiche, gli idrolizzati proteici, gli estratti di alghe e gli elementi minerali come il silicio. 

Impiego in orticoltura

L’orticoltura è il comparto agricolo nel quale i biostimolanti trovano maggiore applicazione per via dell’alta redditività delle colture.

La qualità delle piantine vivaistiche migliora dopo l’applicazione di questi prodotti innovativi poiché ne migliorano le caratteristiche morfo-fisiologiche: aumento superficie fogliare, aumento contenuto di clorofilla, rapporto tra apparato radicale e chioma. Inoltre, anche lo stato fitosanitario delle piante, sia in vivaio che in pieno campo, migliora grazie ad un effetto indiretto dei biostimolanti che attivano le difese naturali della pianta e irrobustiscono i tessuti cellulari. 

Screenshot 2024 01 10 170805 Tecnologie 4.0 e biostimolanti per un’orticoltura sostenibile

Gli obiettivi che gli agricoltori vogliono raggiungere applicando i biostimolanti alle colture in pieno campo e in coltura protetta sono diversi: superare velocemente le fasi di crisi post trapianto; favorire il germogliamento per gli ortaggi a semina diretta; incrementare la vegetazione e precocizzare la produzione. 

In generale la qualità della produzione aumenta, viene migliorata l’efficienza d’uso dei nutrienti e la tolleranza agli stress ambientali (abiotici). 

I biostimolanti in orticoltura possono essere molto utili e vengono raggiunti gli obiettivi appena elencati se viene scelto il tipo di biostimolante gusto, utilizzato in dosi e modalità di applicazione giuste. Inoltre, bisogna considerare anche le interazioni tra biostimolante e pianta tenendo conto dei fattori genetici, agronomici e ambientali. 

Sostenibilità ambientale

Gli effetti positivi dei biostimolanti vengono spesso semplificati menzionando il miglioramento dell’efficienza d’uso delle risorse, ma quali sono i reali impatti sull’ambiente?

Le colture incrementano la produzione e migliorano l’efficienza l‘uso delle risorse nutritive dell’ecosistema e quelle fornite dall’uomo tramite la fertilizzazione. Questi effetti si traducono in una riduzione dei gas serra e una riduzione dell’energia utilizzata per ogni unità di prodotto. 

Infatti, la ricerca “Biostimulants as a Tool for Improving Environmental Sustainability of Greenhouse Vegetable Crops” si è concentrata sulla Carbon Footprint della coltivazione di spinaci e zucchini, trattati con un fungo micorrizico e un idrolizzato proteico: le emissioni di CO2 si sono ridotte fino al 24%, nel caso dello zucchino. 

Inoltre, migliorare l’efficienza d’uso dei nutrienti significa anche utilizzare una minor quantità di fertilizzanti azotati senza influire negativamente sulla produttività e redditività delle colture. 

Screenshot 2024 01 10 170826 Tecnologie 4.0 e biostimolanti per un’orticoltura sostenibile

Riconosciamo che ogni progresso porta con sé nuove sfide. L’implementazione di tecnologie avanzate richiede investimenti e formazione, ma i benefici che gli agricoltori possono trarre da queste tecnologie sono molteplici: incremento della produttività, migliore gestione dei suoli, risparmi anche economici, ma non solo. Gli impatti di una corretta gestione della fertilizzazione sono ridotti anche per l’ambiente. 

L’impatto che la fertilizzazione, in particolare in orticoltura, ha sull’ambiente si riduce poiché l’agricoltore concima solo quando e quanto è realmente necessario per il corretto sviluppo delle orticole. 


a cura di Alessandro Cannavacciuolo!

Redazione
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