Sommario
Dati in agricoltura: opportunità o pericolo?
L’aumento incessante della popolazione mondiale rende sempre più centrale la domanda di cibo, ma la superficie agricola si riduce di anno in anno a causa di fattori come i problemi climatici e il dissesto idrogeologico. L’unica soluzione vincente? L’aumento sostenibile della produttività.
La trasformazione digitale del settore agricolo e le cosiddette tecnologie 4.0 provano a rispondere a questa esigenza. Proprio per questo, gli investimenti in direzione agritech stanno aumentando in tutto il mondo.
I sistemi digitalizzati di agricoltura di precisione ed i relativi strumenti predittivi di analisi producono una enorme mole di dati, ma servono delle regole.
A chi è affidata la gestione di questi dati? Possono essere condivisi, aggregati, analizzati e divulgati i dati raccolti tramite processi di intelligenza artificiale in agricoltura? Con quale scopo?
In questo articolo, Matteo Bernardelli (giornalista per Agronotizie) afferma:
Muoversi da soli non è la soluzione vincente. I dati devono essere raccolti, condivisi e, magari, sopravvivere in una dimensione “open”, di scambio costante, di analisi e discussione per una crescita della società, prima ancora che dell’impresa agricola.
Ci muoviamo lungo una zona di frontiera; le questioni etiche non possono essere lasciate a latere!
Dall’Italia novità in ambito bio-pesticidi
In linea con l’obiettivo europeo della riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi entro il 2030, CiaoTech – all’interno del contesto del progetto BIOBESTicide – ha progettato un bio-pesticida altamente innovativo (ed efficace in termini di costi) capace di contrastare le malattie che colpiscono i vigneti.
L’innovazione, all’interno del progetto BIOBESTicide, si propone di creare una catena di produzione sostenibile: al centro del processo c’è la valorizzazione di biomasse di scarto della vite che favoriscono la crescita di un particolare ceppo fungino capace di combattere il carico di patogeni e le malattie delle piante.
Un enorme passo avanti in ambito di bio-pesticidi grazie all’upcycling degli scarti di produzione della vite.
Opportunità e rischi per il Made in Italy agroalimentare
Stando ai dati Coldiretti, la filiera agroalimentare – dal campo alla tavola – vale in Italia 580 miliardi di euro (un quarto del Pil nazionale) e vede impegnati 4 milioni di lavoratori. Inoltre, la cosiddetta Dop economy – che può contare su 297 specialità DOP /IGP e 415 vini DOC /DOCG riconosciuti a livello europeo – rappresenta un settore con un forte ruolo nello sviluppo dei distretti agroalimentari del Paese.
I dati del XX Rapporto Ismea-Qualivita attestano per il settore una buona capacità di tenuta e continuità produttiva, con un valore complessivo della produzione pari a 19,1 miliardi di euro (+16,1% su base annua) e un export da 10,7 miliardi di euro (+12,8%).
Appare subito chiaro come l’agrifood rappresenti una leva strategica fondamentale per la crescita economica del Paese, per il numero di addetti coinvolti e il valore complessivo della produzione e valorizzazione del brand Made in Italy, ma anche per l’indotto connesso al turismo enogastronomico.
Ma non è tutto oro ciò che luccica.
Anche per un mercato di eccellenza come quello del Made in Italy agroalimentare le minacce sono molteplici: dai cambiamenti climatici che mettono a rischio le produzioni e la qualità delle stesse al proliferare di pratiche sleali come l’Italian Sounding.
Possono le tecnologie aiutare nella tutela del Made in Italy?