I distretti del cibo nascono per preservare la specificità locale e in risposta alle necessità socio-economiche della filiera agroalimentare. La loro creazione mira a promuovere la crescita dei territori e la sostenibilità, preservando le tipicità e salvaguardando le produzioni agricole locali. Sono stati istituiti con la legge 205 del 27 dicembre 2017 e costituiscono un nuovo modello di sviluppo per l’agroalimentare italiano.
Si ispirano ai distretti industriali e sono pensati, quindi, per coinvolgere tutti i soggetti del mondo agroalimentare – dai produttori alle associazioni, dai ristoratori agli enti locali – affinché possano lavorare insieme per promuovere la crescita delle filiere e dei territori, accompagnando la transizione ecologica e supportando la nascita di nuove economie, anche e soprattutto nelle cosiddette aree interne del Paese.
In sostanza, essi rappresentano un modello strategico che mira a favorire lo sviluppo territoriale, l’inclusione sociale, promuovendo le attività legate alla territorialità. Fra gli obiettivi del legislatore nell’istituire i distretti del cibo ci sono: sicurezza alimentare, diminuzione dell’impatto ambientale, riduzione dello spreco alimentare, salvaguardia del territorio e del paesaggio rurale.
Questi distretti vantano sostanzialmente due importanti punti di forza a livello nazionale: promuovono i prodotti locali e creano una massa critica, che mette insieme diversi tasselli della filiera agroalimentare che acquisiscono più peso anche nei confronti del sistema del credito.
Nonostante siano stati istituiti già nel 2017, è dal 2019 che ricevono i primi finanziamenti (25 milioni di euro), a cui si aggiungono 120 milioni nel 2020. Un ulteriore boost è stato dato dal PNRR che li ha portati dai 65 del 2021 agli attuali 188.
I distretti del cibo sono coerenti con le strategie europee soprattutto perché, attraverso la cooperazione di più soggetti, possono favorire lo sviluppo di pratiche agricole e filiere più sostenibili, oltre a rappresentare anche una rivalutazione delle aree rurali.
I distretti, dunque, sono dispositivi interessanti per favorire le connessioni tra interessi di diversi attori di stessi ambiti territoriali e, in questo senso, sono valutati come modelli di governance virtuosi e inclusivi tanto da essere considerati come potenziali beneficiari all’interno del Piano Strategico PAC 2023-2027.
Sommario
Consolidamento dei distretti del cibo in Italia
Nonostante l’impulso degli ultimi anni, i distretti del cibo sono ancora in fase di consolidamento e non sono distribuiti equamente sul territorio. Attualmente, la regione con il maggior numero di distretti è la Toscana (tab.1 ). In Italia, abbiamo attualmente 188 distretti del cibo distribuiti su tutto il territorio nazionale. Questi svolgono un ruolo molto importante nella salvaguardia dei sistemi agricoli tradizionali e territoriali, nonché nella lotta allo spreco alimentare. Secondo quanto previsto dalla normativa, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali è responsabile dell’istituzione e della gestione del Registro Nazionale dei Distretti del Cibo, indicati dalle Regioni e dalle Province autonome di appartenenza. Il Registro Nazionale dei Distretti del Cibo è stato pubblicato il 10 maggio 2023, conformemente a tali disposizioni normative.
Distribuzione dei distretti del cibo in Italia
Regione | Numero di distretti |
Abruzzo | 6 |
Basilicata | 4 |
Calabria | 29 |
Campania | 23 |
Emilia Romagna | 6 |
Lazio | 15 |
Liguria | 1 |
Lombardia | 18 |
Marche | 4 |
Piemonte | 4 |
Puglia | 10 |
Sardegna | 11 |
Sicilia | 7 |
Toscana | 41 |
Umbria | 4 |
Veneto | 5 |
Un’ultima considerazione riguarda l’importanza di questi distretti da diversi punti di vista: per la filiera di riferimento, per il territorio in cui operano e infine anche per la salvaguardia della biodiversità e lo sviluppo economico e turistico.
Un articolo a cura di Bernarda Ferragamo