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Investimenti nell’AgriFoodtech in Italia nel 2023

Indoor farming, Vertical farming e Food retail. Secondo il report Investimenti nell’AgriFoodtech in Italia nel 2023 sono questi settori che traineranno il settore AgriFoodtech nei prossimi anni. Il lavoro è stato presentato il 2 febbraio da Antonio Iannone – autore ed esperto di Foodtech – insieme al nostro direttore scientifico Alex Giordano, nel corso della quarta edizione di “Io ci credo” – la call di accelerazione rivolta ai talenti del food – tenutasi presso l’incubatore In Cibum Lab, a Pontecagnano.

In questo articolo tratteremo nel dettaglio le principali innovazioni che stanno trasformando il settore della ristorazione e dell’agricoltura, come lo Smart farming (o Agricoltura 4.0) e il Food retail. Un paragrafo sarà dedicato anche ai nuovi metodi di coltivazione, come l’Indoor farming e il Vertical farming, con un focus particolare sul contesto italiano. Secondo Iannone, tra il 2022 e il 2023 l’Indoor farming e il Vertical farming a vocazione italiana hanno visto un exploit, perché vanno a risolvere problemi di natura ambientale e sociale come spreco d’acqua e consumo di elettricità. Anche lo Smart farming è in ascesa, insieme alle tecnologie per la ristorazione (+88,7%), ma a farla da padrona è l’Agritech, con una crescita del 97,5%.

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Smart Farming e Food retail

Lo Smart farming sta vivendo un successo discreto con realtà come IFarm, basata su diverse tecniche di coltura idroponica dalla coltivazione verticale automatizzata all’irrigazione a goccia, e Ittinsect che crea mangimi per l’acquacoltura a partire da insetti, microalghe e sottoprodotti agricoli. Lo Smart farming, meglio noto come Agricoltura 4.0, indica l’insieme di strumenti utili messi in campo dalle aziende agricole per rendere più efficienti e sostenibili le loro produzioni registrando, ad esempio, informazioni sullo stato di salute delle colture e degli stessi strumenti. Questo aiuta e aumenta la consapevolezza degli agricoltori che si trovano a prendere decisioni sempre più complesse, a fare delle previsioni, anche alla luce degli effetti legati ai cambiamenti climatici.

Non meno importante è il settore del Food retail, che nel 2023 è letteralmente esploso con una crescita del 741,6% pari a circa 42,59 milioni di investimenti (dati non confermati). In testa figurano startup come Soul K, che controlla l’intera filiera produttiva e integra al suo interno l’uso delle nuove tecnologie – il cibo è trasformato da prodotto a servizio ed è quindi personalizzabile – e Soplaya, che ha creato una rete di fornitura delle materie prime per i ristoratori collegandoli direttamente con i produttori. Questo è uno dei pochi “meriti” della chiusura forzata legata alla pandemia che da un lato ha stravolto la routine e le abitudini dei consumatori mentre, dall’altro ha accelerato la trasformazione digitale del Food retail. Secondo i dati Netcomm NetRetail il settore ha risposto con l’adozione di strategie strutturate di e-commerce e di tecnologie abilitanti come l’AI e la blockchain, elementi che hanno favorito lo sviluppo della filiera agroalimentare, che tra il 2020 e il 2022 ha visto un aumento della quota di acquirenti del 32%.

La spesa alimentare è tra le categorie con maggiore incidenza negli acquisti online e, seppure in calo, registra un trend di crescita del 7% all’interno di un mercato, quello dei prodotti di largo consumo, che vale oltre 1,3 miliardi di euro. A guidare questo trend è soprattutto il sud – Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Abruzzo e Molise – che registra un incremento del 24% rispetto allo scorso anno. 

Agricoltura innovativa: Indoor farming e Vertical farming

Indoor farming e Vertical farming sono due degli approcci che rappresentano l’ultima frontiera dell’agricoltura innovativa, che ingloba al suo interno i concetti di innovazione e sostenibilità. Questo tipo di agricoltura comprende diversi modelli di produzione in ambienti controllati e limitati e utilizza le nuove tecnologie per massimizzare le rese – sia qualitativamente sia quantitativamente – ottimizzare le risorse e ridurre l’impatto ambientale dei sistemi colturali.

L’Indoor farming, di cui la coltivazione idroponica ne costituisce un valido esempio, permette di produrre al di fuori della stagione colturale e a prescindere dalle condizioni e dai fattori esterni, perché la coltivazione avviene in ambienti chiusi. Il Vertical farming consente, invece, di coltivare una grande quantità di colture in ambienti ristretti e abbattere l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti. Frutta e ortaggi sono coltivati su sistemi multipiano con diversi livelli di coltivazione all’interno di camere opache in cui l’unica radiazione emessa è data dalla luce artificiale, soprattutto l’illuminazione LED (Light Emitting Diodes) per il basso consumo energetico e la lunga durata.

Un modo di fare startup più sostenibile: il Vertical farming all’italiana

Si tratta, nello specifico, di modelli di fare startup che sorgono sulle rovine del modello americano basato sui principi della Silicon Valley: crescita continua e profitto a tutti i costi. «Il modello di Vertical farming all’italiana è un modello di crescita più sostenibile basato su un ridotto consumo energetico, ma è anche un brand forte e appetibile che propone prodotti buoni – ha dichiarato Antonio Iannone – L’unione di questi due fattori ha reso il Vertical farming italiano molto più appetibile all’estero perché, ad esempio, i modelli di crescita prevalenti comportano un consumo di elettricità concitato e non stuzzicavano i consumatori. Tutto questo ha generato il fallimento di molte startup».

Lo scorso anno, mentre il Foodtech mondiale precipitava, il nostro Paese vi ha destinato 109,2 milioni, circa il 45% degli investimenti totali. All’estero, infatti, c’è stato un crollo degli investimenti del 93%. Un salto nel vuoto senza cognizione di causa? Assolutamente no. Come illustrato nel report, il successo dell’Indoor farming italiano è legato anche ai traguardi raggiunti nel 2022 da big italiani del settore come Everli, che permette di ricevere la spesa presso il proprio domicilio scegliendo tra i propri supermercati preferiti, e Cosaporto, un marketplace che seleziona i migliori brand per eventi di clienti privati e aziende. E poi c’è il ruolo di realtà come The Circle, leader europeo nell’acquaponica che coltiva le migliori varietà vegetali riuscendo a valorizzare ogni rifiuto e riducendo al minimo l’impatto ambientale, e Planet Farms, che con €53,7 milioni ha concentrato oltre la metà degli investimenti in agricoltura verticale e quasi un quarto del totale nel Foodtech italiano (22.5%).

Uno dei settori che non ha resistito al post-lockdown è stato il Digital Food – che ha vissuto la sua era d’oro proprio durante la pandemia da Covid-19 – con un calo degli investimenti del 93,2%, perché sono cambiate le abitudini dei consumatori e quindi la propensione al consumo “in casa”. Tuttavia, non bisogna dimenticare che, ancor più degli investimenti, il vero fattore di successo dell’ecosistema Foodtech italiano è stato il debito.

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«Il crowdfunding è aumentato del 19% – ha aggiunto Antonio Iannone – ma il debito ha giocato sicuramente un ruolo primario, senza cui gli investimenti sono calati del 9%. Prima l’Italia pensava lo 0,5% sulla scena globale e ora pesa l’1,6% ma, paradossalmente, il livello di innovazione è ancora molto basso a causa della resistenza culturale delle PMI». In Italia gli investimenti nel Foodtech sono aumentati del 53% grazie al debito, ma con una controtendenza perché, questa volta a causa del debito (40%) – e del fallimento di molte startup – sono diminuiti nel mondo.

Innovative food in Italia: tra resistenza culturale e piccole eccellenze

Nel nostro Paese l’Innovative food stenta a decollare per via del divario culturale e di una tradizione culinaria fortemente radicata. «Non è un caso che ciò abbia preso piede prima in Inghilterra e in Finlandia dove non c’è una vera e propria tradizione culinaria – ha aggiunto Iannone – Penso che non avremo mai un settore forte in questo campo, ma piccole realtà interessanti che adattano e riformulano i prodotti sulla base di nuove esigenze come la sostenibilità e l’ambiente».

Il nostro Paese è, infatti, la culla di piccole eccellenze come la mozzarella plant-based di Dreamfarm, gli snack di insetti di Small Giants o il cioccolato senza cacao di Foreverland. Tutti prodotti che risolvono un problema di approvvigionamento di materie prime non molto sostenibili. «Il cacao o i cibi a base di insetti hanno un impatto inferiore a livello ambientale rispetto alla carne bovina. La mozzarella plant-based va a risolvere il problema dello spreco d’acqua e del consumo di suolo degli allevamenti tradizionali».

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Nous rappresenta una delle eccellenze italiane in tal senso, nonché vincitrice della quarta edizione di “Io ci credo” – la call di accelerazione rivolta ai talenti del food – intitolata Il core dell’AgriFoodtech. Nous ha brevettato Mindave®, un principio attivo con effetti simili alla caffeina ma privo di effetti collaterali, in particolare sul sistema gastrointestinale. Inoltre, è più sostenibile rispetto alla lavorazione e all’estrazione del caffè, perché la caffeina è estratta da foglie di tè o semi di cacao con il 30% in meno di emissioni di anidride carbonica e di deforestazione e fino al 40% in meno di spreco di acqua.

AgriFoodtech italiano: a che punto siamo?

Il tessuto italiano imprenditoriale è fatto da piccole e medie imprese, soprattutto nel settore agroalimentare e agricolo, dove si caratterizza anche per la presenza di molte realtà a conduzione familiare. Ma è proprio questo a renderle uniche e di qualità. Richiamandoci alle parole di Alex Giordano, il vero valore aggiunto, nonché uno degli esempi bellissimi di Food Innovation, sta proprio nel connettere tutti questi fattori insieme. «La Campania, una terra bellissima dove lavoro e che quindi conosco forse anche meglio, è un’area ricca di potenzialità – ha spiegato Giordano – Tutta l’Italia è fatta di un panorama così vario: abbiamo la montagna, il mare, le colline, le pianure… Questo tipo di geografia ha creato una storia fatta di biodiversità naturale, antropologica e sociale. Per questo posso dire che il nostro Paese ha un grande potenziale, ma a fare la differenza sono anche le condizioni politiche ed economiche che favoriscono l’innovazione e soprattutto posti come In Cibum, catalizzatori enzimatici che favoriscono processi di creatività e di innovazione. Infine, è cruciale tenere presente non solo l’innovazione tecnologica, ma anche il suo impatto sulla salute, sull’ambiente e su tutti gli altri parametri della complessità».

Chi vincerà tra tradizione e innovazione? Le opportunità che si prospettano sono tante e appetibili, ma saranno sufficienti per realizzare un’innovazione AgriFoodtech italiana?

articolo a cura di Alessandra Romano

Redazione
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