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Il core dell’agrifoodtech: quali sono le startup del futuro?

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Innovazione, gusto e sostenibilità. Sono queste le tre parole che traineranno l’economia del futuro e che abbracciano le tematiche de “Il core dell’agrifoodtech”, il titolo della quarta edizione di “Io ci credo” – la call di accelerazione rivolta ai talenti del food – dove sono state tante le proposte per innovare il settore agroalimentare: da fertirrigatori intelligenti per gestire l’uso dell’acqua a fast food “sani” con piatti tarati su misura dal punto di vista nutrizionale. L’evento si è tenuto lo scorso venerdì presso l’incubatore In Cibum Lab, a Pontecagnano.

Una delle due idee vincenti è stata quella di Dismeatable che coniuga il gusto con la sostenibilità, offrendo prodotti plant-based alternativi alla carne ma che a livello di sapore e di consistenza sono identici.

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Qual è la differenza rispetto ad altre startup simili? L’esperienza di gusto non è rivolta a vegani, bensì a flexitariani, a chi si trova in una fase di transizione o sta cercando di ridurre il consumo di carne e aumentare quello di vegetali. 

Nous, invece, si è distinta per aver sviluppato e brevettato Mindave®, un principio attivo con effetti simili alla caffeina ma privo di effetti collaterali, in particolare sul sistema gastrointestinale. Inoltre, è più sostenibile rispetto alla lavorazione e all’estrazione del caffè, rilascia il 30% in meno di anidride carbonica lungo tutta la catena e permette di risparmiare acqua.

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Foodsystem 5.0

«Al 4.0 è mancato il fatto di non essere stata una vera e propria Rivoluzione rispetto alle precedenti. Tecnologie come la robotica e l’Intelligenza Artificiale non sono nuove, messe insieme sono state prospettate come una quarta rivoluzione senza che apportasse una reale innovazione socio culturale – ha spiegato Alex Giordano nel corso de “Il core dell’AgriFoodtech” – Il concetto di industria 5.0 recupera la possibilità di un progetto di senso nato dalla necessità di riparare un mondo danneggiato dagli eccessi delle prime Rivoluzioni industriali e recuperare anche un giusto senso della misura, uscendo fuori dalla dialettica polarizzata tra i malinconici del mondo arcaico e i fanatici dell’innovazione a tutti i costi». 

Nel suo ultimo libro, Foodsystem 5.0, Giordano ci fa notare quanto i momenti di incontro sul territorio siano fondamentali per promuovere il cambiamento, anche alla luce del ruolo delle startup e di realtà come In Cibum Lab. Non a caso è stato lo stimolo e il punto di partenza di questa edizione, la cui idea è nata da un incontro casuale tra Alex e Giuseppe Melara – presidente di FMTS Group – in una pizzeria. 

«Il nostro sistema agroalimentare, in particolare quello delle PMI, è compresso tra multinazionali dei semi e quelle della grande distribuzione organizzata (GDO)». È quanto ha dichiarato Giordano. 

La nostra agricoltura crea una situazione di squilibrio ambientale e sociale, altrimenti non ci sarebbero Paesi – come l’Italia – in cui aumenta l’obesità e altri in cui spopola la fame. La tesi sostenuta in Foodsystem 5.0 è che i sistemi di innovazione territoriale – e qui subentra il ruolo di realtà come In Cibum Lab – possono essere dei validi strumenti per innescare un valido cambiamento.

In Cibum Lab

«In Cibum Lab viene chiamato hub, un luogo fisico che però vuole simboleggiare anche un luogo d’incontro» sostiene Deborah Morriello, a capo dell’incubatore – Se ci si focalizza sulla tendenza attuale, la sostenibilità, non solo si aiutano economicamente le startup, ma si portano anche preoccupazioni di natura sociale e ambientale nella loro cultura. Nella mia visione un incubatore deve sicuramente attrarre risorse umane, ma deve sempre restituire anche al territorio». 

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E i presupposti per mettere su una startup quali devono essere? Quali sono gli ingredienti che non possono mancare assolutamente? Secondo la Morriello sono due: il team e la determinazione. «Molte idee non innovative o originali hanno avuto successo perché hanno avuto un’ottima esecuzione e una grande volontà – ha aggiunto la direttrice di In Cibum Lab – Avere un team ben saldo è cruciale, e qui subentra il ruolo delle persone. 

Elementi che non possono essere sostituiti dall’Intelligenza Artificiale (IA) che, d’altra parte, è utile anche in ottica di sostenibilità per prevedere ordini, gestire meglio sprechi e rimanenze. Non sostituirà, tuttavia, la creatività. La parola chiave è equilibrio e consapevolezza nell’utilizzo di queste tecnologie».

Investimenti nell’AgriFoodtech in Italia nel 2023

«In Italia gli investimenti nel Foodtech sono aumentati ma con una controtendenza, perché sono diminuiti a livello globale a causa del debito (40%) e della tenuta dell’ecosistema, in quanto molte startup cominciano a traballare – ha dichiarato Antonio Iannone, consulente ed esperto di FoodTech – Il crowdfunding è aumentato del 19%, ma il debito ha giocato sicuramente un ruolo primario, senza cui gli investimenti sono calati del 9%. Prima l’Italia pensava lo 0,5% sulla scena globale e ora pesa l’1,6% ma, paradossalmente, il livello di innovazione è ancora molto basso a causa della resistenza culturale delle PMI».

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Nel report “Investimenti nell’AgriFoodtech in Italia nel 2023” – presentato in occasione dell’evento – si osserva una forte crescita del food retail, con startup come Soul K e Solplayache si stanno affacciando all’estero. Le tecnologie per la ristorazione sono raddoppiate, anche se è l’Agritech a farla da padrona. In quest’ultimo caso c’è stata un’esplosione dell’Indoor farming, un modello più italiano di fare startup che vede il fallimento del modello americano basato sui principi della Silicon Valley. In Italia ha preso piede anche il Vertical farming che nasce come risposta a problemi etici e ambientali, ottimizzando il consumo di risorse scarse come l’acqua. C’è stata anche la nascita, in minima parte, anche dello smart farming con IFarm e Ittinsect. Il Digital food, tuttavia, ha vissuto un crollo e l’Innovative food stenta a decollare in Italia per via del divario culturale e tradizione con il cibo. «Non è un caso che ciò abbia preso piede prima in Inghilterra e in Finlandia dove non c’è una vera e propria tradizione culinaria – ha aggiunto Iannone – Penso che non avremo mai un settore forte in questo campo, ma piccole realtà interessanti che adattano e riformulano i prodotti sulla base delle nuove esigenze come la sostenibilità, l’ambiente ecc.».

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L’importanza dell’interconnessione

Secondo Alex Giordano la nuova Rivoluzione dovrà inglobare anche un’idea di interconnessione entro un ecosistema più ampio che tenga insieme non solo gli elementi di natura ecosistemica in senso classico, ma anche l’infosfera, ormai parte integrante del nostro pianeta, che detiene il petrolio del futuro: i dati. 

«Così come per il settore petrolifero, siamo soggetti a dinamiche estrattive, ma se siamo bravi possiamo ragionare in ottica rigenerativa – ci ha spiegato – Il sistema cibo è un sistema malato che è intrecciato con la complessità del mondo. Quando mangiamo possiamo impattare sulle economie locali, sul pianeta, sulla salute personale e/o su quella economica e scegliamo come ad esempio se sostenere le aree interne o meno. In questo dobbiamo stare attenti perché ci sono delle peculiarità: la biodiversità non è solo nei semi, ma è una io-diversità fatta di temperamenti e antropologie diverse. Chi lavora in agricoltura sa benissimo che ciò che accade con uno stesso seme può cambiare da un lato all’altro del territorio. Il suolo fa la differenza, la sua esposizione al sole e al vento (di mare o no) fanno la differenza». 

Per questo, ora più che mai è cruciale il ruolo delle idee e la capacità di metterle in pratica. I cambiamenti climatici stanno devastando i nostri territori, i suoli si sono impoveriti e l’approccio turbo capitalista della crescita incessante volta al profitto non è più sostenibile. 

«Oggigiorno le startup devono risolvere un problema reale nel mondo e questa risoluzione prima o poi si trasformerà in valore economico – ha aggiunto Giordano – Scienza e tecnologia devono aiutarci a porci le giuste domande e in questo l’IA può aiutarci, ad esempio, a ridurre gli sprechi piuttosto che a capire come vendere un panino più velocemente portandolo a casa delle persone».

Tra dieta mediterranea e avanzamento tecnologico

In Foodsystem 5.0 Giordano adotta un approccio critico nei confronti della dieta mediterranea, pur riconoscendone i meriti e le potenzialità, perché una dieta basata su attività fisica e sul giusto mix di verdure, cereali integrali e legumi è da secoli alla base di un’alimentazione sana. 

La dieta mediterranea nasce come risposta agli stili alimentari americani ed è diventata uno dei dieci brand più conosciuti al mondo. «Bisogna fare attenzione allo storytelling e alle narrative che ruotano attorno alla dieta mediterranea. Oggi manca la dimensione della complessità. Quando? Come? Dove? In che condizioni ambientali? In che condizioni di salute?». 

L’eccessiva semplificazione della dieta mediterranea ridotta a brand svuotato di senso ed a una piramide alimentare letta troppo frettolosamente, presta il fianco a pericolose semplificazioni.

Come può una PMI inglobare tutto ciò poiché, ad oggi, la maggior parte non dispone delle giuste competenze culturali, manageriali e di organizzazione della logistica? Secondo Giordano servono dei sistemi territoriali capaci di mettere tutto questo sui mercati nazionali e internazionali. «Dal punto di vista dei dati con l’attuale Programma di Sviluppo Rurale (PSR) insieme alla Regione Campania abbiamo introdotto una misura nuova: si possono prendere attrezzature 4.0 (valore strategico), ma i dati devono essere condivisi con la comunità in modo che siano accessibili anche a potenziali startup».

Le idee

L’ultima edizione di “Io ci credo” è stata una fucina di idee che guardano al futuro in un’ottica più responsabile e a favore della sostenibilità. C’è chi, nel caso di Vitigna, ha recuperato le vinacce – residui derivanti dalla lavorazione del vino – e ha inventato dei biscotti per le persone affette da diabete e ipercolesterolemia. La giuria esaminatrice ha infatti reputato l’idea di grande interesse. 

Le vinacce sono un potente antiossidante naturale in grado di ridurre colesterolo e glicemia e ritardare la scadenza alimenti. Health Pastry Project si muove in una direzione simile, proponendo un prodotto dolciario privo di glutine, lattosio, zucchero e uova rivolto a persone con intolleranze alimentari, che sono spesso sono insoddisfatte dell’offerta di prodotti sul mercato ricchi di additivi e poco salutari. 

Un’altra startup ritenuta di grande interesse è stata ANostra, che sta sviluppando un modello basato sull’uso dell’Intelligenza Artificiale (IA) compatibile sia con i macchinari nuovi che con quelli già esistenti. Tale soluzione aumenterà la precisione dei sensori e ottimizzerà i percorsi, migliorando l’esperienza degli operatori in campo e riducendo anche la mortalità per gli incidenti agricoli legata all’impiego di sistemi non intelligenti e obsoleti. 

Un’idea vicina a quella di LEAF S.R.L., che intende rivoluzionare l’automazione nel mondo delle coltivazioni innovative tramite un ecosistema composto da dispositivi hardware come il prototipo di fertirrigatore smart e dispositivi più piccoli (smartphone o computer) che gestiscono la coltivazione grazie a un software AI.

In Cibum Lab però è anche un luogo dove si impasta, si crea con la farina ed è forse questo a cui ha pensato il team che ha inventato MACCO, un format composto da: pasta fresca da concepire come base al pari del disco della pasta per la pizza che può essere condita con diverse salse e composizioni; packaging compostabile e truck energeticamente autosufficiente. 

Supply cerca invece di risolvere i problemi legati all’inefficienza della supply chain e alla frammentazione dei dati. Il team ha creato una piattaforma specifica per il settore alimentare che integra la gestione degli ordini d’acquisto e la comunicazione con i fornitori, permettendo di avere all’interno della chat tutto lo storico di ogni singola modifica dell’ordine d’acquisto e lo stato di ogni singolo processo d’acquisto. 

L’idea di Agrotev Bee Technology Evolution prevede invece l’uso di tecniche biotecnologiche per migliorare la produttività delle api rispetto ai metodi tradizionali e indipendentemente dal clima, in vertical farm. Il team ha sviluppato un device dotato di algoritmi intelligenti che accompagnano gli apicoltori durante il monitoraggio, la gestione e l’ispezione con l’uso dello smartphone. 

Infine, Rest Fast Protein Food intende lanciare un fast food sostenibile unendo il modello di business tipico di questa forma di ristorazione con la qualità di un prodotto più sano e salubre che, al contempo, viene reso esteticamente accattivante per il format del fast food. Gli utenti potranno ordinare direttamente dal proprio smartphone grazie a un’app sulla base delle proprie esigenze alimentari.

Tutte storie di studio, passione, innovazione e creatività che vale la pena di continuare a seguire.

STAY TUNED..!

articolo a cura di Alessandra Romano

Redazione
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