La festa di Sant’Antuono (patrono dei pizzaioli) è l’occasione per raccontare che siamo solo all’inizio del percorso di valorizzazione dell’Agrifood italiano. Dopo la pizza, riconosciuta patrimonio Unesco da un anno, si è attivato un movimento a livello regionale, nazionale e internazionale per la candidatura all’Unesco di beni immateriali. Ci si sta attivando per il caffè espresso e la pasta, i rituali dei carri artistici del grano ecc.
C’è un’altra via, per aumentare soprattutto il valore del settore agricolo ed è quella delle infrastrutture, come evidenzia lo studio di Nomisma «Il sistema infrastrutturale a servizio dell’agricoltura italiana». Si tratta di uno studio presentato al secondo appuntamento di Grow!, laboratorio di riflessione sulle policy che influenzano il futuro del settore, organizzato da Agrinsieme, il coordinamento che riunisce Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Italiane dell’Agroalimentare. Qui si mette in evidenza come le carenze del sistema di infrastrutture, logistica e accesso alla tecnologia incidano negativamente sugli investimenti privati e sui redditi degli agricoltori.
In settimana si è molto parlato di controlli e sicurezza alimentare, settore nel quale l’Italia si può considerare un’isola felice, trovandosi addirittura al primo posto in Europa: nei punti vendita della moderna distribuzione ogni anno si fanno oltre 2,3 milioni di test sui prodotti, tra controlli delle autorità preposte come Asl e Nas oltre alle attività in autocontrollo. A tutela della sicurezza alimentare arriva sui banchi dei supermercati e dei punti di vendita della Grande distribuzione organizzata la Blockchain, una soluzione rivoluzionaria per l’annoso problema della tracciabilità dei prodotti alimentari. Carrefour che, in prima battuta, ha puntato sulla tracciabilità digitale dell’intera filiera del pollo allevato all’aperto e senza antibiotici, ha ora esteso l’utilizzo della tecnologia alle arance tarocco e ai limoni di Sicilia, che provengono da 25 aziende della Sicilia orientale dove si opera secondo un disciplinare che prevede l’assenza di trattamenti post raccolta e una maggior salvaguardia delle api, attraverso l’eliminazione delle sostanze più nocive. E Carrefour non è l’unico: anche Walmart e Auchan la adottano per tutelare i loro consumatori.
Se la tecnologia unisce produttori, distributori e consumatori in un’unica catena, dall’altra parte rimangono difficoltà a creare alleanze e forme di collaborazione tra diversi settori. In settimana il nuovo presidente della Federalimentare, Ivano Vacondio, ha avuto occasione di dire: «Non possiamo permetterci di generare confusione nella rappresentanza. Una cosa sono gli agricoltori e un’altra gli industriali. Mischiarle per opportunismo politico o per avere più facile accesso alle istituzioni è una scelta miope. Non si dimentichi che l’immagine del made in Italy nel mondo è legata al prodotto trasformato». Le parole di Vacondio fanno diretto riferimento alla nascita di un nuovo soggetto di rappresentanza, Filiera Italia, guidato dalla Coldiretti. Separata la rappresentanza, industria e agricoltura possono e devono collaborare nel business.
La direzione per lo sviluppo pare essere unica per tutti e si chiama economia circolare. Solo in Europa sono attesi nei prossimi quattro-cinque anni nuovi investimenti in «sostenibilità» per 320 miliardi di euro. Anche il cibo deve essere progettato per essere circolare, quindi i sottoprodotti di un’impresa ne «alimentano» un’altra, trasformandosi in biomateriali, farmaci, bioenergia. Confermando anche un orientamento più ampio che riguarda salute e ambiente: meno proteine e più vegetali.
Di seguito i link agli articoli: