Che dire? In apertura di anno purtroppo tocca raccontare storie non proprio edificanti.
Intanto pare che centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti fognari provenienti da tutta la Calabria rischino di finire a ridosso delle celebri Clementine Igp, un frutto esportato nel mondo. La ripresa delle iniziative industriali ha messo in agitazione i comitati. Già nel 2017, la mobilitazione fu massiccia. Il Distretto offre lavoro ad oltre 5mila persone che rischierebbero di perderlo, per cederlo alle 18 unità lavorative che sarebbero impegnate nella piattaforma. Suonerebbe anche come una beffa in un’area che vanta esempi virtuosi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani: comuni come Saracena superano l’80 per cento nella raccolta differenziata.
E poi c’è la storia del Brasile di Bolsonaro che, sostenuto da uno dei gruppi economici più potenti del Paese, quello dell’agrobusiness, sta conducendo una battaglia contro gli indios che occupano alcune terre interessanti per la creazione di coltura intensive. E così anche la foresta Amazzonica è a rischio, con conseguenze drammatiche per il nostro pianeta e per i tentativi di mitigare i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale.
Per fortuna una buona notizia. Secondo una stima dell’Associazione industrie del dolce e della pasta italiane (Aidepi), i pastai del Belpaese investono in ricerca e sviluppo circa 500 milioni di euro l’anno, il 10% del fatturato del settore, per migliorare la qualità, guardando alla pasta del futuro. Su questo punto le aspettative del consumatore sono sempre più alte: quasi un italiano su due si dice interessato a nuovi ingredienti, prodotti e tipi di pasta. Nell’ultimo anno, infatti, è cresciuto del 12% il consumo di paste speciali quali bio, senza glutine, integrali, kamut, farro, con spezie e legumi, con punte di incremento del 18% nel caso della pasta integrale. Solo dieci anni fa erano presenti 300 formati, oggi si superano i 500, nell’ottica sempre più raffinata di una ricerca nell’abbinamento ideale. Ma ricerca e innovazione passano anche attraverso nuovi modelli di essicazione e nuove tecniche di imballaggio, fasi delicate che hanno notevolmente alzato la soglia di attenzione per una migliore qualità. Sicuramente il mondo ha sempre più voglia di pasta italiana: ne produciamo 3,4 milioni di tonnellate, il 43% in più di 50 anni fa, e ne esportiamo circa due milioni. Una “macchina” che fa della pasta un’industria che nella Penisola conta 100 imprese, dà lavoro a 7.500 addetti e genera 4,7 miliardi di euro.
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