Notizie della settimana 10 – 16 giugno
Che ci sia un problema legato alle infrastrutture che dividono l’Italia almeno in due (Nord vs Sud) si sa; se però si osserva il fenomeno da vicino, facendo riferimento a uno dei settori produttivi più importanti del nostro Paese -l’agrifood- si capisce perché da problema, il gap infrastrutturale si trasforma in allarme e in denuncia. Si tratta, infatti, di una condizione che rallenta la crescita delle imprese agroalimentari e soprattutto il loro export.
Il settore dell’agrifood al Sud vale quasi 30 miliardi di euro di produzione all’anno, con un export di oltre 7 miliardi – agrumi e olio extravergine d’oliva in testa – sugli oltre 40 miliardi messi a segno a livello nazionale. Nonostante questo, nelle regioni del Meridione ogni impresa può contare in media su meno di 20 chilometri di infrastrutture, la metà di quelli a disposizione delle imprese del Nordovest. La Puglia – una delle regioni più importanti dal punto di vista della produzione agricola, che ogni anno esporta 1,6 miliardi di euro di beni agroalimentari – è addirittura fanalino di coda con appena 7,9 chilometri per azienda, che stridono rispetto al record di 59 chilometri a disposizione delle aziende della Liguria.
Secondo il rapporto di Nomisma presentato la scorsa settimana in occasione di un evento organizzato da Agrinsieme, è proprio questa carenza della logistica che sta alla base della minore vivacità dell’export del Sud rispetto a quello del Nord Italia. Nel decennio 2008-2018 l’export delle imprese agroalimentari del Nord è cresciuto del 62%, mentre quello del Sud, geograficamente concentrato nei mercati di prossimità e che raggiunge solo in minima parte i mercati più distanti, è aumentato solo del 46%. Il suo peso sul Pil del Mezzogiorno così è rimasto al 2%, mentre al Nord ha raggiunto quota 3,1%.
Se, da una parte, il nostro piccolo Paese deve fare i conti con la difficoltà di spostare i prodotti dell’agricoltura lungo lo stivale, dall’altra assume un ruolo-chiave nell’evoluzione della produzione agricola creata per il cosmo. Dice Alberto Battistelli del CNR: “In questo settore l’Italia vanta eccellenze assolute sia per le competenze scientifiche che per le abilità tecnologiche del nostro sistema industriale”. E cita il lavoro dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), i molti italiani che collaborano con gruppi di lavoro americani -tra i quali l’Università dell’Arizona con cui è stato svolto un programma finanziato dal ministero degli esteri italiano e coordinato dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per progettare una serra spaziale- e l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) dove l’Università di Napoli è membro effettivo del programma Melissa. Melissa è una delle iniziative più complesse e di lunga durata nel settore, ha l’ambizione di studiare l’impiego circolare di tutte le risorse vitali sia nei comparti in cui vengono prodotte che in quelli in cui vengono consumate.
Il lavoro che stanno conducendo questi scienziati per rispondere alle condizioni decisamente inospitali dello spazio, sta consentendo di produrre cibi con proprietà nutritive importanti, di raccogliere molti dati sulla qualità e sulla sicurezza alimentare, considerando anche l’impiego di risorse necessarie come l’acqua e la luce. “Ci stiamo preparando per lo spazio ma non ci dimentichiamo della Terra” dice Bastinelli, “dove la popolazione cresce in numero ed esigenze e vuole usare prodotti naturali non derivati da risorse fossili”. La produttività dei sistemi agricoli di pieno campo, inarrivabili, a oggi, per il loro contributo al sostentamento dell’umanità, è generalmente limitata da condizioni non ottimali e il loro impatto ambientale può essere eccessivo e insostenibile. Molti dei prodotti agricoli sono persi prima del consumo anche per un disaccoppiamento fra i ritmi produttivi e le esigenze dei consumatori.
Sembra proprio che per noi italiani sia più difficile far arrivare i nostri pomodori e le arance da Lecce e Palermo a Milano e Torino che conquistare lo spazio.
Di seguito gli articoli scaricabili:
Ristrutturazione vigneti, c’è più tempo
Sud Italia, l’export agroalimentare nell’imbuto infrastrutturale
NEL 2018 MANGIARE è diventato più difficile
Difesi i vigneti eroici. E storici
Agrifood, 100 mln a chi investe
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