duemiladiciannove 4.0: Un anno di trasformazione digitale in 36 articoli

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Una meta-rassegna che parla di uno sguardo possibile sui fatti della contemporaneità e che presenta (in 2 dei 36 contributi) le elaborazioni più recenti e le esperienze che stiamo realizzando all’interno di Societing 4.0, un programma di ricerca-azione sulla social digital transformation.

Attraverso una selezione degli articoli che abbiamo letto in questo 2019, alla fine raccontiamo molto di noi. A partire dagli argomenti selezionati: intelligenza artificiale, robot, tecnologie, innovazione; agrifood, cibo, agritech; pmi, industria 4.0. Si tratta di macro-temi che sono coerenti con la nostra missione: studiare e sperimentare un modello di sviluppo, trasformazione e innovazione che sia sostenibile per le specificità socio-economiche dell’Italia, con un approccio che considera insieme l’innovazione sociale e l’innovazione tecnologica.

…io mi sto preparando: è questa la novità

L’evento dell’anno, che ha catalizzato l’attenzione del mondo e che ha chiesto a gran voce di portare al centro delle agende internazionali il tema dell’ambiente, è stata la “protesta dei ragazzini”. Un unico ideale corteo che venerdì 15 marzo 2019 ha raccolto i giovani di tutto il mondo nelle piazze delle loro città e ha fatto salire un grande urlo: #SaveThePlanet! Nuova Delhi, Parigi, Bergamo, Napoli, Tokyo, Faenza, Berlino, … da tutte le parti del mondo i ragazzi hanno guardato dritti negli occhi gli adulti e ci hanno ricordato che il Pianeta non è nostro e che questo è l’unico Pianeta che abbiamo. L’allarme è comprensibile: la FAO ha lanciato a febbraio il primo rapporto globale sullo stato della biodiversità che presenta preoccupanti prove riguardo l’imminente scomparsa della biodiversità che sta alla base dei nostri sistemi alimentari, mettendo a rischio il futuro dei nostri alimenti, dei mezzi di sussistenza, della salute umana e dell’ambiente. Una volta perduta, avverte il rapporto, la biodiversità alimentare e agricola – vale a dire tutte le specie che supportano i nostri sistemi alimentari – non può essere recuperata.

D’altra parte stiamo pesantemente inquinando il suolo e ciò rappresenta una preoccupante minaccia per la produttività agricola, la sicurezza alimentare, la salute umana (lo dice ancora la FAO). Il suolo è un soggetto-chiave dell’eco-sistema e tutto influisce sulla qualità dei suoli: “Il suolo è tanto indispensabile alla vita quanto l’ossigeno dell’aria e l’acqua potabile. Non si riflette sufficientemente sul fatto che la vita di sette miliardi di esseri umani e di un numero incalcolabile di animali dipende da uno strato di 10 centimetri di humus steso su uno strato di terra coltivabile che varia dai 20 centimetri al metro[…] Il sapiente miscuglio di tutti questi elementi in decomposizione […] fa si che il suolo viva […]. Tutto questo va a costituire le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche del suolo di una determinata zona e condiziona il funzionamento dell’ecosistema locale; tutto, come il clima, il tipo di flora e di fauna o la loro assenza, influisce sulla qualità dei suoli e sulla loro evoluzione.

E’ lì che germinano i semi gettati dai contadini […]”. (J. Bové, G. Luneau, L’alimentazione in ostaggio, 2016). Ambiente, cibo insieme a cultura, disuguaglianze, relazioni, comunità locali, consumi e spreco alimentare, si trovano in una riflessione sull’“ecologia integrale” fatta da Carlo Petrini, che ci aiuta a comprendere come tutti questi siano temi tra loro fortemente collegati. Serve urgentemente un nuovo modello di produzione e consumo che metta in discussione il paradigma dell’economia contemporanea che sacrifica i bisogni degli individui e dell’ambiente sull’altare della logica di mercato.

Queste logiche ci portano a finanziare e sostenere un modello agricolo industriale che è la principale causa degli impatti ambientali negativi sull’ambiente e sulla salute dell’uomo a partire dalla scelta, anche simbolica, che sta al cuore della produzione di cibo cioè gli interventi da laboratorio sui semi. Gli interessi economici sono tali per cui i semi vengono modificati e brevettati e, dato che gli Ogm sono ormai obsoleti e non interessano più ai mercati e all’industria (poiché hanno fallito il loro obbiettivo finanziario, scientifico e produttivo), si sta facendo strada l’applicazione in pieno campo delle nuove biotecnologie (NBT, genome editing, RNA silenziatori, cis-genetica, ecc). Lo strapotere del sistema agroalimentare ha effetti molto negativi sull’ambiente e sul mercato. Poche gigantesche multinazionali, infatti, controllano più della metà del mercato trasformando il modo in cui funziona il commercio internazionale: decidono cosa si dovrà coltivare e orientano le nostre abitudini alimentari.

E così viviamo in un mondo dove 2 miliardi di persone sono sovrappeso e 850 milioni sono denutriti. Secondo l’economista Raj Patel ci sono segni di speranza però, come il fatto che sempre più persone stanno capendo che la nostra dieta deve cambiare. Perché cambiare dieta può salvare il Pianeta? Dato che si prevede che entro il 2050 diventeremo 10 miliardi è evidente che sarà sempre più difficile trovare un equilibrio fra la richiesta di cibo e le risorse a disposizione. Per questo la Fondazione Eat e la rivista medica Lancet hanno lavorato una proposta di dieta salutare e sostenibile, indicando un modello di dieta da reinterpretare a livello locale e da tradurre secondo cultura, geografia e demografia dei diversi luoghi. Tutti i processi di cambiamento dipendono fortemente anche dalle politiche agricoli e alimentari globali, per questo è stato interessante, in questo 2019, seguire le elezioni del nuovo Direttore generale della FAO, vinte dal candidato cinese che porta una visione forte dell’agricoltura contadina e, insieme, dell’agricoltura 5.0 (agroecologica).

Questa prospettiva sembra allineata con il nuovo patto per il cibo proposto dal 10° Forum internazionale sull’alimentazione che chiede un’alleanza fra tecnologia, sostenibilità dell’ambiente e delle risorse, coinvolgendo tutti gli operatori della filiera e tutelando i piccoli e i deboli. Visioni di futuri possibili, quindi, che arrivano dall’uso delle tecnologie come alleate (potenziali) dell’ecologia. In effetti robot, droni, app, sensori, ecc. cambiano il modo di “fare il contadino” e possono generare effetti positivi sull’ambiente, consentendo la riduzione di pesticidi, fertilizzanti e acqua. Ma la rivoluzione nelle campagne deve partire dalle città: due terzi del cibo prodotto nel mondo si consumano nelle aree urbane e sono questi consumatori i primi a subire i danni di un sistema agro-alimentare che ogni anno causa milioni di morti per obesità e denutrizione. In attesa di convincere il mondo a cambiare strada, non distante da Amsterdam sta nascendo una favola moderna. Si tratta di una città del futuro, green e completamente autosufficiente, a energia e alimentazione sostenibile.

Si chiama ReGen Village, acronimo di regenerative village, e nasce da un’idea di un accademico della Stanford University, James Ehrlich, e la società danese di architettura Effekt. Si tratta di piccole comunità suburbane in grado di provvedere autonomamente ai propri fabbisogni quotidiani di alimentazione ed energia, rispettando l’ambiente con un sistema circolare che trasforma gli scarti e i rifiuti prodotti dal villaggio in input nutrizionali per gli animali di allevamento e la produzione agricola. Dovrebbero vedere la luce già a partire dal 2020. C’era una volta, un anno che diede il via ad una trasformazione possibile… Chissà se potremo un giorno raccontarcela così.

Scarica la nostra strenna di fine anno e buona lettura!

duemiladiciannove 4.0

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Esperta di comunicazione ed etnografia digitale. Mi occupo di formazione e facilitazione nell'ambito della trasformazione digitale e innovazione sociale. Amo la musica, l'arte e il cibo. p.caliento@ruralhack.org