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Transmedialità: strategia di food influencing

transmedialità del ciboNella contemporaneità parlare di cibo vuol dire intraprendere un discorso estremamente sfaccettato, con più livelli intrecciati e interconnessi fra loro. Il nostro rapporto con ciò che mangiamo, infatti, è mutato in maniera profonda: da semplice alimento funzionale alla sopravvivenza, il cibo si è fatto vero e proprio elemento comunicativo i cui messaggi possono avere significati e rimandi dal segno assai variegato. La chiave di questa trasformazione è stata, senza alcun dubbio, la sua mediatizzazione, iniziata dalla televisione e poi esplosa attraverso i media digitali. Un discorso che investe piani diversi, anche a seconda del medium su cui è espresso. Tutto questo proliferare mediale di argomenti e discussioni, divenuto un vero e proprio fenomeno socioculturale, ha assunto il nome di gastromania. Ed è nel quadro di quest’ultima che va iscritto quello, più conosciuto, del food porn. Per rendere l’idea: in questo momento, l’omonimo hashtag conta su Instagram più di 272 milioni di post. È palese quindi come i social, attraverso la rottura del confine fra sfera pubblica e privata, siano il cavallo trainante del discorso mediale attorno e attraverso il mangiare. Se però vogliamo analizzare davvero la presenza del cibo sui media inquadrando la questione nella sua complessità e non restando sulla superficie del primato numerico dei social, dobbiamo parlare di fenomeno transmediale. Ma che cos’è la transmedialità? Come si è arrivati a questo approccio? E come si evolverà?

Dalla Crossmedialità alla Transmedialità: come la presenza transmediale ha allargato il pubblico dei food influencer

transmedialità del cibo

Per capire fino in fondo come si è arrivati alla transmedialità, è giusto fare un piccolo passo indietro e parlare della crossmedialità. La strategia crossmediale è l’attività più diffusa e scelta nell’ambito della comunicazione. Infatti, è un percorso che mette in connessione diversi mezzi di comunicazione l’uno con l’altro, con uno storytelling immediato e semplice, che pone al centro un messaggio e lo veicola nei vari canali coinvolti rimanendo invariato. I contenuti vengono, così, adattati per essere allineati ai diversi canali scelti, ma nessuno tra loro presenta elementi aggiuntivi. Quindi quando scegliamo di affidarci ad una strategia crossmediale, dobbiamo considerare diversi fattori di “rischio” che possano ledere la nostra attività. Infatti, ogni canale di comunicazione, avendo il suo diverso linguaggio, necessiterà di una declinazione linguistica e stilistica diversa, affinché non risulti inefficace. La sfida più grande è non annoiare il nostro pubblico, poiché ci seguirà sui diversi canali coinvolti e si aspetterà qualcosa sempre diverso.

La transmedialità, invece, porta al superamento dei “rischi” descritti in precedenza. Henry Jenkins, nel suo libro “Cultura convergente”, definisce la transmedialità come un processo nel quale gli elementi integrati di una narrazione vengono sistematicamente separati e diffusi tramite diversi canali di comunicazione, con lo scopo di creare un’esperienza di intrattenimento unificata e coordinata. Idealmente, ogni media dà un contributo unico allo sviluppo della storia. Una narrazione transmediale è come un puzzle, i diversi pezzi vengono distribuiti sui vari canali (on line e off line) e offrono una diversa esperienza all’utente. Il tasso di coinvolgimento è molto alto, poiché oltre a destare curiosità, innesca un meccanismo comunicativo simile ad un gioco enigmatico e su diversi livelli. Per simili attività vengono attivati diversi strumenti che creano collegamenti tra i vari canali e celano meccanismi comunicativi sempre nuovi.

Arriviamo così al nostro focus: la presenza transmediale dei food influencer oggi è diventata particolarmente significativa. A livello mediale abbiamo vere e proprie personalità inizialmente famose nella letteratura più specializzata, in quanto ristoratori o cuochi, che in seguito assumono un volto per il largo pubblico attraverso i programmi di cucina, per poi successivamente approfondire i propri progetti su Instagram, con video su TikTok o YouTube. Questi personaggi, quindi, si raccontano coprendo degli spazi su media diversi: ciò permette a un pubblico più diversificato e allargato di affezionarsi, avvicinarsi, imparare. La sostanza è il rimando fra un media e l’altro, il gioco di riflessi che fa da cassa di risonanza, con il tema cibo che prende forma mutevole ma nello stesso tempo coerente, espandendosi a seconda del mezzo di comunicazione che occupa in quel momento.

Le potenzialità e il futuro del “cibo transmediale”

È evidente che oggi qualsiasi tipo di narrazione nasce per sua vocazione come transmediale, perché ha a che fare con l’esigenza di raggiungere e toccare emotivamente pubblici diversi. Nel futuro la promozione mediale di stampo tradizionale, quella che passa attraverso la tv con cooking show o gare e reality, si incrocerà sempre di più con le persone che sanno raccontarsi online, fare video o realizzare un piatto, e che poi diventano vere e proprie star. Quindi: il fenomeno della celebrification, unito a quello della produzione mediale, condurrà a un lavoro sempre più forte sulla transmedialità.

Fonti e approfondimenti: Mates4Digital.com

Francesca Di Meo
Francesca Di Meo