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Lo spreco alimentare: food waste

Secondo uno studio del Waste Watcher International lo spreco alimentare medio pro capite, in Italia, è pari a 529,3g di cibo settimanali ed è collegato principalmente a fattori comportamentali. 

Ma cosa si intende per spreco alimentare?

Generalmente, quando parliamo di spreco alimentare – appunto Food waste – facciamo riferimento al cibo ancora in buone condizioni e commestibile che si spreca, degrada o si perde lungo le fasi dell’intera filiera alimentare: dalla fase di produzione agricola, a quella di trasformazione, alla vendita e alla conservazione del cibo nelle case. In tempi recenti, è stata proposta una classificazione che distingue tra perdite alimentari e spreco alimentare, per identificare con le prime quelle che riguardano le fasi di produzione e trasformazione degli alimenti e con le seconde quelle che riguardano la distribuzione, la conservazione e il consumo domestico. 

Con il passare del tempo, l’aumento del reddito disponibile e la globalizzazione, con  la conseguente diffusione della grande distribuzione organizzata (GDO) – che ci assicura costantemente sugli scaffali molti più prodotti di quanti realmente ne consumiamo – hanno favorito l’aumento dello spreco alimentare. 

Secondo la FAO (Food and Agriculture Organization), infatti, circa un terzo del cibo prodotto ogni anno va perso e/o sprecato, lungo l’intera filiera produttiva. Al contempo però, solo nell’Unione Europea circa 33 milioni di persone non hanno la possibilità di accedere ad un pasto di qualità. 

Risulta evidente dunque, quanto lo spreco alimentare sia un tema complesso, che ingloba al suo interno questioni altrettanto articolate. In primis la tutela ambientale, perché buttare via cibo ancora buono significa non solo gettare via tutte le preziose risorse naturali che sono state impiegate per la sua produzione, ma allo stesso tempo impattare gravemente sull’ambiente, a causa della necessità di smaltimento del cibo in discarica, che produce un elevato tasso di emissioni di gas ad effetto serra che contribuisce ai cambiamenti climatici. Altro aspetto da non sottovalutare sono gli impatti sociali: è sempre meno equa la distribuzione di cibo a danno della salvaguardia dei diritti umani e della sicurezza alimentare, tra chi si ammala per malnutrizione, chi muore di fame e chi di obesità.

Non a caso, infatti, a livello intergovernativo, lo spreco alimentare interseca trasversalmente i piani operativi e gli obiettivi delle principali politiche nazionali e sovranazionali attualmente in vigore: dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 alla strategia Farm to Fork. Nello specifico, quest’ultima si propone di agire trasversalmente sull’intera filiera, ottimizzando i processi produttivi e favorendo la creazione di una solida cultura alimentare. 

Siamo troppo abituati a considerare il cibo per il suo prezzo di mercato, che tuttavia non riflette il suo reale valore – né in termini di costi, né di benefici – e non rispecchia idoneamente gli impatti che quest’ultimo – con la sua produzione – genera. Tutto questo porta ad inefficienze e comportamenti insostenibili. 

Dunque, dal momento che buona parte dello spreco dipende dal comportamento dei consumatori, la Commissione Europea ritiene fondamentale creare tutte le condizioni favorevoli affinché i cittadini possano effettuare scelte consapevoli. A tal proposito, in Parlamento Europeo si sta attualmente lavorando per rivedere i sistemi di etichettatura riguardo le date di scadenza e gli aspetti nutrizionali dei prodotti, in modo da essere chiari per il consumatore e tutelarlo dal compiere scelte sbagliate. Se in Parlamento si sta lavorando per creare condizioni favorevoli in materia di spreco alimentare con riconoscimenti ufficiali a livello normativo, è auspicabile quindi che ciascuno di noi si allinei alle direttive parlamentari facendo attenzione a limitare nel nostro quotidiano lo spreco alimentare: pianificando i pasti settimanali, acquistando solo ciò che realmente necessario, sfruttando il 100% degli alimenti, destinando ad altro uso gli scarti. Azioni che sul lungo periodo possono davvero fare la differenza. 

Se fino ad oggi abbiamo avuto scelta, oggi il cambiamento climatico e il degrado ambientale rendono evidente che la sostenibilità è un percorso ineludibile e necessario, che richiede un deciso ripensamento del nostro modo di abitare il mondo a favore della salute dell’ambiente, della nostra e delle future generazioni.

Benedetta Esposito
Benedetta Esposito